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venerdì 30 settembre 2011

Il Largo dal Serse. Cavalli, Bononcini, Handel.

Il Largo dal Serse di Handel (1738) in versione soltanto strumentale





è abbastanza noto anche fuori della cerchia degli appassionati di musica barocca. In realtà si tratta dell'aria iniziale dell'opera. Il protagonista, mentre guarda l'ombra di un platano, canta:

                              Frondi tenere e belle
                              del mio platano amato
                              per voi risplenda il fato.  
                             Tuoni, lampi, e procelle                                           
                              non v'oltraggino mai la cara pace,
                              nè giunga a profanarvi austro rapace.
                              Ombra mai fu
                              di vegetabile,
                              cara ed amabile,
                              soave più.





Il Serse di Handel è l'adattamento del Xerse del compositore modenese Giovanni Bononcini, scritto nel 1694 su libretto di Silvio Stampiglia. Mentre l'opera di Bononcini è la rielaborazione del Xerse di Francesco Cavalli, del 1654, su libretto di Nicolò Minato. Tra il lavoro di Cavalli e l'adattamento di Handel intercorrono dunque più di ottanta anni, un tempo maggiore di quello che ci separa dall'instaurazione del regime nazista in Germania.

Musicista a Venezia, Cavalli compose anche per la Corte di Francia.
Bononcini lavorò in Italia, Austria, Prussia, Inghilterra, Francia e Portogallo.
Fu in Inghilterra, con poche interruzioni, dal 1720 al 1733, dove divenne uno dei principali competitori dello stesso Handel. Questo il giudizio di James Ralph, contemporaneo dei due compositori:

"Handel sarebbe in grado di scaldarci col gelo e con la neve, suscitando ogni specie di sentimento con note appropriate all'argomento, Bononcini nei giorni più caldi dell'anno potrebbe soffiare su di noi una brezza italiana e farci addormentare cullandoci con gentili bisbiglii "
In un periodo, quello tra Seicento e Settecento, di conflitti e contraddizioni sono da segnalare anche rilevanti continuità, tradizioni, retaggi culturali. Il genio individuale, come sempre, si sviluppa tra e da questi, li valorizza ancora, li esalta, ha in essi la necessaria premessa. Avremmo il Serse di Handel senza il Xerse di Cavalli e Bononcini?

Su Handel e la musica barocca l'ottimo Haendel.it.



giovedì 22 settembre 2011

Tocqueville. La religione nei suoi propri limiti.





Papa Benedetto XVI è oggi nella sua patria, la Germania. E' lì per riportare al centro dell'attenzione Dio e la fede cristiana, temi offuscati dallo scandalo dei sacerdoti pedofili.
Religione cristiana e libertà. Il potente processo di secolarizzazione in atto allontana dai cuori e dalle menti una relazione che i grandi precursori del liberalismo contemporaneo indicarono con chiarezza e che le bandiere delle più antiche e solide democrazie europee manifestano esponendo la croce.
Durante la cerimonia di benvenuto nella residenza ufficiale del presidente della Repubblica Federale Tedesca il papa ha detto: "Come la religione ha bisogno della libertà, così anche la libertà ha bisogno della religione". Parole che Tocqueville avrebbe certamente sottoscritto.
Fu proprio il grande francese, infatti, nella Democrazia in America (Libro Terzo, Parte Prima, Capitolo Quinto) ad affermare: "Per parte mia non credo che l'uomo possa mai sopportare insieme una completa indipendenza religiosa e un'intera libertà politica e sono portato a pensare che, se egli non ha fede, bisogna che serva e, se è libero, che creda".
Ma nelle stesse pagine scrisse anche:

"Ho fatto vedere come nei tempi di civiltà e di eguaglianza lo spirito umano non accetti volentieri credenze dogmatiche e ne senta il bisogno solo in fatto di religione. Ciò indica anzitutto che in questi secoli le religioni devono mantenersi più discretamente nei loro limiti senza cercare di uscirne poiché volendo estendere il loro potere fuori del campo strettamente religioso, rischiano di non essere credute in alcun campo. Esse debbono, dunque, tracciare con cura il circolo in cui pretendono fermare lo spirito umano e lasciarlo interamente libero di sè fuori di esso".

Non si tratta certo di limitare all'ambito privato il fenomeno religioso. E' anzi necessario favorirne la dimensione pubblica. Il presidente degli Stati Uniti giura sulla Bibbia, secondo regole e tradizioni che tale dimensione pubblica accolgono. Si tratta piuttosto di distinguere le religioni secondo i loro contenuti. Prosegue Tocqueville:

"....nel Corano non solo dottrine religiose, ma anche massime politiche, leggi civili e criminali e teorie scientifiche. Il Vangelo, invece, parla solo dei rapporti generali degli uomini con Dio e fra loro. Al di fuori di questo non insegna nulla e non obbliga a credere nulla. Questo soltanto, fra mille altre ragioni, basta a mostrare che la prima di quelle due religioni non può dominare a lungo in tempi di civiltà e di democrazia, mentre la seconda è destinata a regnare anche in quei secoli come in tutti gli altri".

Al cristianesimo, per recuperare la sua storica relazione con la libertà civile, basta essere veramente se stesso, conservando e se necessario ripristinando il ruolo centrale di Fede, Rivelazione e Tradizione. Bisogna evitare di costringerlo nelle pastoie di un razionalismo astratto ed acritico, di introdurre a forza nel suo patrimonio dogmatico filosofie soltanto umane, di trarne dottrine sociali elaborate con le migliori intenzioni ma destinate a restare vitali solo nel nucleo che recepisce direttamente la morale rivelata.
In questo modo l'uomo contemporaneo è chiamato a rinunciare alla sua ragione critica? No! Proprio questa, demolendo gli "assoluti terrestri", apre spazi alla Fede e alla Rivelazione, rende ragionevole credere, delegittima la presunzione dell'uomo stesso di riuscire a cogliere il bene e il male con le sole proprie risorse, arrogandosi le prerogative di Dio.

"Ho la nettissima impressione che tutta la materia sia troppo profonda per l'intelletto umano. Un cane potrebbe speculare altrettanto bene sulla mente di Newton".
Questo uomo fallibile, che probabilmente non riuscirà nemmeno a conoscere l'intima struttura della natura, può sostituirsi a Dio? Può conquistare e conservare la propria libertà senza Dio?



mercoledì 14 settembre 2011

Welfare cinese.


La comparazione dei modelli di welfare rappresenta oggi uno strumento indispensabile. La struttura dello stato sociale è infatti uno dei principali fattori della competitività di un sistema paese.
Il professor Maurizio Ferrera è uno dei più autorevoli studiosi italiani della materia. In questo recente articolo sul Corriere della Sera ha scritto:

"I diritti sono una cosa seria, ma proprio per questo bisogna riconoscere che non sono tutti uguali. Alcuni (quelli civili e politici) tutelano libertà e facoltà dei cittadini e sulla loro certezza non si può transigere. I diritti sociali sono diversi: conferiscono spettanze, ossia titoli a partecipare alla spartizione del bilancio pubblico, che a sua volta dipende dal gettito fiscale e dal funzionamento dell'economia. Dato che al mondo non esistono pasti gratis, i diritti sociali non possono essere considerati come delle garanzie immodificabili nel tempo. Il loro contenuto deve essere programmaticamente commisurato alle dimensioni della torta di cui si dispone e all'andamento dell'economia e della demografia.
Purtroppo il welfare italiano è stato costruito ignorando questa elementare verità".

"Le manovre estive non hanno affrontato la sfida dei tagli strutturali alla spesa pubblica. Se si vuole agire sul serio, sul welfare va fatta al più presto un'operazione verità, che spieghi perché e come debbano essere cambiate le dissennate promesse del passato. Altrimenti di «acquisita» resterà solo la prospettiva di una bancarotta collettiva, senza più alcuna torta da spartire".

Ma dalla struttura del welfare non dipende soltanto la tenuta della finanza pubblica. In realtà essa determina in larga misura anche la capacità di un paese di crescere economicamente.
Ormai da anni la Cina in tutto il mondo acquista titoli dei debiti pubblici, acquisisce partecipazioni in grandi compagnie, accaparra materie prime, finanzia la realizzazione di infrastrutture. Ma come si procura le necessarie risorse finanziarie? Come trova i soldi? Certo non esportando petrolio o minerali, di cui è piuttosto uno dei maggiori paesi importatori.
Lo stesso professor Ferrera, in un articolo del 10 maggio 2004, ci presenta dati e considerazioni utili:

"Se è vero che il fiume dello sviluppo economico porterà il welfare state anche in Asia, non è detto però che si tratti di un welfare all'europea. Non è detto, in altre parole, che le economie asiatiche vedano in futuro esaurirsi il proprio vantaggio comparativo sotto questo profilo. Ciò che sta emergendo in Corea, Taiwan e Singapore è un sistema diverso dal nostro, molto più strettamente integrato con il mercato, tanto che la letteratura specialistica ha coniato il nuovo termine di «welfare state produttivistico». Tre sono gli ingredienti principali di questo modello: priorità all'istruzione e alla formazione; regolazione pubblica (ad esempio, obbligo di assicurazione medica o previdenziale), ma fornitura di prestazioni da parte di soggetti privati, tramite i canali del mercato; copertura gratuita solo per i più poveri. Anche la Cina sembra avviata in queste direzioni: in molti settori è stato ad esempio recentemente introdotto l'obbligo di copertura sanitaria, ma attraverso forme assicurative semi-private. La scelta di una via «produttivistica» al welfare ha in parte motivazioni ideologico-culturali: l' influenza dell' etica confuciana, la tradizione del paternalismo autoritario, oggi gli entusiasmi iperliberisti. In parte si tratta però di motivazioni prettamente economiche: a differenza dei Paesi europei, che hanno storicamente costruito il welfare all'interno di economie protette verso l' esterno, i Paesi asiatici devono incamminarsi verso la protezione sociale in un mondo di scambi e competizione globali. La crisi finanziaria del 1997 ha suonato un campanello d'allarme: le élite locali hanno capito che basta poco a mettere in discussione i risultati economici raggiunti. Sapremo solo nei prossimi anni (forse decenni) se la via produttivistica al welfare avrà successo. Nel frattempo non possiamo permetterci però di dormire sonni tranquilli. Il modello asiatico di sviluppo ci pone una sfida che non è solo «di prezzo», ma di sistema. La ricerca di nuove, virtuose combinazioni fra competitività economica e tutele sociali deve continuare - ed anzi intensificarsi - anche in Europa".

Nonostante le recenti riforme, destinate a rendere lo stato sociale cinese meno lontano dal modello europeo, si può affermare che fin dai tempi di Deng Xiaoping la turbo "economia socialista di mercato" cinese presuppone un welfare che "copre" poco, impiega strumenti semiprivati, privilegia la città rispetto alle campagne e quindi costa relativamente poco. Restano così adeguate risorse per la formazione dei giovani, le infrastrutture, il supporto alla crescita, le acquisizioni all'estero.
Con questi sistemi paese dobbiamo competere in un mondo "globalizzato". La ristrutturazione del welfare occidentale contemporaneo appare inevitabile.


lunedì 5 settembre 2011

Festivalfilosofia di Modena: la Natura. Ma una morale naturale è impossibile.


Il Festivalfilosofia di Modena, operazione culturale ormai tradizionale, vetrina prestigiosa per gli intellettuali di sinistra e le loro opere in libreria, si occupa questa volta della Natura, trattata da diversi punti di vista. Uno dei più importanti è quello del rapporto tra natura e morale. Perché la "vita secondo natura" è un tema, un programma, uno slogan che sempre affascina, suggestiona, inganna, prestandosi ad ogni sorta di strumentalizzazione.
Scrive il cattolico professor Dario Antiseri nel suo Cristiano perchè relativista, relativista perchè cristiano, 2003, pag. 62:

"...da proposizioni descrittive possono venir logicamente dedotte unicamente proposizioni descrittive: l'informazione non produce imperativi. E, dunque, non è logicamente possibile passare dall'essere al dover essere. Questa, in breve, è la legge di Hume, la grande divisione tra asserzioni indicative e asserzioni prescrittive, tra fatti e valori. Tale legge è una legge di morte per il diritto naturale e ci dice che i valori non si fondano sulla scienza: essi trovano fondamento sulle nostre scelte di coscienza".

Mentre il compianto biologo e paleontologo statunitense Stephen Jay Gould, in un scritto compreso anche nel suo I Have Landed, ha sottolineato che:

" La scienza però non può mai decidere la moralità della morale. Supponiamo di scoprire che un milione di anni fa, nelle savane africane, l'aggressività, la xenofobia, l'infanticidio selettivo e la sottomissione delle donne offrisse dei vantaggi darwiniani ai nostri progenitori cacciatori-raccoglitori. Una tal conclusione non sancirebbe – nel presente come nel passato – il valore morale di questi comportamenti, né di qualsiasi altro".

Amore e odio sono entrambi ben presenti in natura. E' l'uomo che decide ed è responsabile delle proprie decisioni.






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