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sabato 3 marzo 2012

Mario Draghi. Un' Europa meno sociale e più competitiva.


Il presidente della Bce Mario Draghi in una recente intervista al Wall Street Journal ha dichiarato:
"Il modello sociale europeo è già andato nel momento in cui alcuni paesi hanno un tasso di disoccupazione giovanile elevato. Le riforme strutturali sono necessarie per aumentare l'occupazione, specialmente giovanile, e, quindi, i consumi e la spesa".
"Rudi Dornbusch era solito dire che gli europei sono così ricchi da potersi permettere di pagare tutti per non lavorare. Questo tempo è andato"

Il welfare europeo è stato costruito in economie protette. Ma la globalizzazione ha posto le economie europee in competizione con quelle di paesi caratterizzati da un "welfare produttivistico" che protegge gratuitamente, e neppure sempre, soltanto gli indigenti.
Da un lato un modello sociale che determina elevata spesa pubblica, alta pressione fiscale e spesso un imponente debito pubblico. Dall'altro sistemi che consentono di contenere spesa pubblica, pressione fiscale e debito pubblico, stimolando l'impegno individuale ed il risparmio.
Ciò si traduce in uno svantaggio competitivo che non può durare a lungo senza compromettere la vitalità delle imprese e la possibilità di conseguire un alto tasso di occupazione.
Sembra dunque indispensabile riformare il nostro stato sociale. Del resto, come ha efficacemente precisato il professor Maurizio Ferrera, "I diritti... non sono tutti uguali. Alcuni (quelli civili e politici) tutelano libertà e facoltà dei cittadini e sulla loro certezza non si può transigere. I diritti sociali sono diversi: conferiscono spettanze, ossia titoli a partecipare alla spartizione del bilancio pubblico, che a sua volta dipende dal gettito fiscale e dal funzionamento dell'economia. Dato che al mondo non esistono pasti gratis, i diritti sociali non possono essere considerati come delle garanzie immodificabili nel tempo. Il loro contenuto deve essere programmaticamente commisurato alle dimensioni della torta di cui si dispone e all'andamento dell'economia e della demografia".
Ma gli osservatori più avveduti del nostro difficile tempo vedono gli ostacoli e le difficoltà. Scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera:
"si sta creando una tensione molto forte tra ciò che va fatto e ciò che gli elettorati sono disposti ad accettare, e questa tensione «democratica» è da sempre il pericolo maggiore per l'Unione, progetto di élite e tecnocratico per eccellenza. La Merkel è nei guai che abbiamo visto, e deve conquistarsi un terzo mandato l'anno prossimo. Ma già tra poche settimane in Francia una vittoria del socialista Hollande potrebbe portare alla richiesta francese di rinegoziare il Trattato fiscale appena varato. Senza contare che i sondaggi in Grecia pronosticano un trionfo di estremisti di ogni colore, e che in Italia nessuno sa chi governerà tra un anno, e se per vincere dovrà promettere di fermare la marcia delle riforme. Neanche ancora scampato ai mercati, l'euro è ora nelle mani degli elettorati".
L'editorialista del Corriere non esplora a sufficienza una prospettiva inquietante. Si moltiplicano i segnali della trasformazione dell'opposizione alle riforme in una temibile questione di ordine pubblico. Lo scenario diverrebbe segnato da convulsioni politico - sociali difficili da superare.
Probabilmente è nel giusto chi, al di là delle apparenze, vede in insufficienze culturali e morali i fattori decisivi della inadeguata risposta alla crisi. Emergono chiari il fallimento delle principali agenzie educative, l'efficacia devastante di lunghi decenni di propaganda politica demagogica, la pochezza intellettuale e morale di tanti cattivi maestri che hanno occupato cattedre, riempito di assurdità gli scaffali delle librerie, imbrattato le pagine dei quotidiani.
Non bisogna però pensare che sia troppo tardi per iniziare una correzione di rotta. Uno sforzo sufficientemente condiviso, che trovi la propria premessa nell'accettazione di amare verità, può rallentare il declino, quel tanto che basta a rendere insostenibili le contraddizioni dei nostri spregiudicati competitori. Poi si vedrà.







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