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giovedì 1 novembre 2012

Liberali e cattolici contro il nazionalismo.



Negli ultimi due secoli l'esaltazione dell'idea di nazione e della nazione, la miope difesa dei suoi pretesi interessi e l'applicazione del principio di autodeterminazione hanno prodotto conseguenze perverse. I liberali e i cattolici intendono tutelare la libertà degli individui, della famiglia e delle altre formazioni sociali. Attribuiscono pari dignità a tutti gli uomini e devono avversare ogni forma di nazionalismo.

Nel Tradimento dei chierici, libro più citato che letto, Julien Benda osservò che:

"Questa esaltazione del particolarismo nazionale, così imprevista in tutti i chierici, lo è ancor di più in quelli che ho chiamato i chierici per eccellenza: gli uomini di Chiesa. Colpisce in modo particolare vedere come, coloro che per secoli hanno esortato gli uomini, almeno teoricamente, a mortificare il senso delle loro differenze per cogliersi nella divina essenza che li riunisce tutti, si mettono a lodarli, a seconda del luogo del sermone, per la loro "fedeltà all'anima francese", per l'"inalterabilità della loro coscienza tedesca", per il "fervore del loro cuore italiano""(ed. 2012., pp. 129 e 130).

E Karl Popper, ne La società aperta e i sui nemici, sostenne

"Il completo ripudio del principio dello stato nazionale (un principio che deve la sua popolarità esclusivamente al fatto che si rivolge agli istinti tribali e che è il meno costoso e più sicuro metodo con cui può affermarsi un politico che non abbia niente di meglio da offrire) e il riconoscimento della demarcazione necessariamente convenzionale di tutti gli stati, insieme con la convinzione che gli individui umani e non gli stati o le nazioni devono costituire la preoccupazione ultima anche delle organizzazioni internazionali..." (nota 7/1 al Capitolo nono).

Lo stesso Popper in Congetture e confutazioni scrisse:

"L'assoluta assurdità del principio dell'autodeterminazione nazionale dev'essere palese a chiunque si sforzi anche solo per un momento di criticarlo. Tale principio equivale all' esigenza che ogni stato sia uno stato nazionale; che sia limitato da un confine naturale, e che questo coincida con la naturale dimora di un gruppo etnico; sicchè dovrebbe essere il gruppo etnico, la "nazione", a determinare e a proteggere i confini naturali dello stato. Ma degli stati nazionali di questa specie non esistono".

"Gli stati nazionali non esistono, semplicemente, perchè non esistono le cosiddette "nazioni" o "popoli", sognati dai nazionalisti. Non si trovano se non assai raramente dei gruppi etnici omogenei che siano vissuti a lungo in paesi dai confini naturali. I gruppi etnici e linguistici (i dialetti corrispondono spesso a barriere linguistiche) sono strettamente mescolati ovunque".

"Ovunque esistono delle minoranze etniche. Il giusto proposito non dev'essere quello di "liberarle" tutte, ma piuttosto di proteggerle tutte". ( ed. 2000, pp. 623 e 624).

Assistiamo a un tentativo di ristrutturazione degli schieramenti politici italiani, di rinnovamento della proposta politica. Pare utile fissare, anche ruvidamente, alcuni principi. E' infatti vivissimo il rischio che prevalgano la demagogia, le concessioni agli istinti tribali e i particolarismi. Occorre comprendere che la tutela della libertà individuale, del mercato e della concorrenza, dei più svantaggiati può essere conseguita solo superando il feticcio della sovranità nazionale. Il confronto è oggi globale. L'Unione europea e la comunità euro-atlantica offrono il quadro e gli strumenti necessari per difendere tradizioni, regole fondamentali e istituzioni che hanno a lungo consentito una larga diffusione del benessere nella libertà.
E' buona cosa amare il proprio paese, rispettando negli altri il medesimo sentimento. Ma le ossessioni identitarie rappresentano ostacoli che precludono il ricorso a misure efficaci. Politici ed intellettuali devono evitare di incrementarle e vellicarle. Il facile consenso che può seguire non dà mai buoni frutti.







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