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mercoledì 17 aprile 2013

Il welfare degli enti locali. Fare meglio con meno.




Elisabetta Gualmini è professore ordinario di Scienza della Politica presso la Facoltà di Scienze Politiche  dell'Università di Bologna. Dal 12/07/2011 è presidente della fondazione di ricerca "Istituto Carlo Cattaneo".  In un articolo su La Stampa del 15 aprile 2013 delinea le condizioni e le prospettive del welfare gestito dagli enti locali italiani. Scrive la professoressa Gualmini:

"Come quando si gioca a palla avvelenata, durante la crisi più dura del secondo dopoguerra, lo Stato ha scaricato gran parte degli obblighi del risanamento finanziario alle regioni e agli enti locali".
" È il “decentramento della penuria”, andato in scena, a forza di sottrazioni, dal 2008 ad oggi, per un totale di oltre 33.000 milioni di euro. Per intenderci, i colpi di accetta sono arrivati a ridurre della metà le risorse degli enti locali (-45% nel 2013)".  
 "I welfare locali sono dunque stati rimaneggiati e riaggiustati con un mix di risposte che vanno dal tutto pubblico al tutto privato, ma che tendono in ogni caso alla de-istituzionalizzazione della cura e quindi richiedono una alleanza con la generazione di mezzo...".
"Il cambiamento dei modelli organizzativi. La rete dei servizi è stata completamente ridisegnata nei territori. Come gli aeroporti, le strutture ospedaliere sono delle reti con al centro ospedali più grandi e altamente specializzati e intorno piccoli presidi per degenze ordinarie e a ciclo breve... Tutto cucito insieme da finanziamenti che solo per il 61% sono pubblici, mentre il restante 39% sono privati (tra contratti outdoor per i fornitori e compartecipazione dei cittadini)".
" Il discorso sul welfare ha dunque bisogno di un nuovo repertorio di soluzioni, di un nuovo lessico e di un rapporto virtuoso tra pubblico e privato".

Nelle democrazie occidentali contemporanee i problemi della finanza pubblica hanno origine in larga misura nel welfare, compreso quello decentrato, e lì devono in altrettanto larga misura trovare soluzione. L' attuale "decentramento della penuria" chiama gli enti locali ad una sua ricostruzione secondo nuove linee guida.
Il rinnovato welfare dovrà sempre più poggiare sulla disciplina pubblica di strumenti privati, dare applicazione coerente al principio di sussidiarietà, che riserva il sostegno pubblico a chi non ce la fa da solo, consentire ai cittadini la scelta del fornitore di prestazioni, in regime di concorrenza. Con effetti positivi anche sotto il profilo dell' equità: devono essere eliminati i tratti regressivi del sistema attuale, dove spesso le imposte pagate dai meno abbienti  consentono di fornire servizi gratuiti o semigratuiti ai benestanti. 
Gli amministratori locali italiani devono fare meglio con meno. Missione impossibile per chi ha saputo dare pessima prova quando le risorse parevano infinite?


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