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martedì 13 agosto 2013

Tocqueville. Saggio sulla povertà.







Nel 1835, anno in cui pubblicò la prima parte de La Democrazia in America, Tocqueville presentò alla Società accademica di Cherbourg il Mémoire sur le paupérisme, recentemente riproposto in edizione digitale dalla Casa editrice dell'Istituto Bruno Leoni con il titolo Saggio sulla povertà.
In questo denso scritto Tocqueville esamina lo sviluppo della povertà e i metodi per combatterla. Ad un certo punto della storia umana si diffondono bisogni artificiali e secondari, soddisfatti dal lavoro non agricolo.

Ma "...circostanze avverse possono portare la popolazione a rifiutare certi bisogni superficiali, dei quali godrà in altri tempi senza difficoltà. Ora c’è il gusto e l’uso di questi piaceri sui quali gli operai contano per vivere. Se vengono a mancare, non resta alcuna risorsa. Il suo raccolto è per lui bruciato; i suoi campi sono colpiti dall'infertilità, e per poco che un simile stato si protragga, non si prevede che un’orribile miseria e la morte.
Non ho parlato che del caso in cui la popolazione limiterà i propri bisogni. Molte altre cause possono portare allo stesso effetto: una produzione esagerata dei cittadini, la concorrenza degli stranieri...
La classe industriale che provvede alla spinta verso il benessere degli altri è dunque ben più esposta di loro a difficoltà improvvise ed irrimediabili".

Come fronteggiare la miseria? Con l'esercizio della virtù individuale della carità o con l'assistenza pubblica?

"Non c’è, a prima vista, un’idea che sembri più bella e più grande che quella della carità pubblica".

 " L’uomo, come tutti gli esseri organizzati, ha una passione naturale per l’ozio. Ci sono pertanto due motivi che lo portano al lavoro: il bisogno di vivere e il desiderio di migliorare le condizioni della sua esistenza". 

"Ora, un’organizzazione caritatevole, aperta indistintamente a tutti coloro che sono nel bisogno, o una legge che dà a tutti i poveri, qualunque sia l’origine della loro povertà, un diritto al soccorso pubblico, indebolisce o distrugge il primo stimolo al lavoro e lascia intatto soltanto il secondo". 

"Ma sono profondamente convinto che tutto il sistema legislativo, permanente, amministrativo, il cui scopo sarà di provvedere ai bisogni del povero, farà nascere più miserie di quelle che può guarire, depraverà la popolazione che vuole soccorrere e consolare, ridurrà con il tempo i ricchi a non essere altro che i servitori dei poveri, trarrà le risorse dai risparmi, arresterà l’accumulo dei capitali, comprimerà lo sviluppo del commercio, debiliterà l’attività e l’operosità umane e finirà per produrre una rivoluzione violenta nello Stato, quando il numero di quelli che ricevono l’elemosina sarà diventato quasi tanto grande quanto il numero di quelli che la offrono, e che l’indigente non potendo più aspirare ad impoverire i ricchi per provvedere ai suoi bisogni, troverà più facile di depredarli tutto d’un colpo dei loro beni che di chiedere il loro soccorso".

Lucidamente il grande intellettuale francese distingue virtù individuale e moralità pubblica, lanciando un duro monito. Il compito della grande politica non è riprodurre la perfezione personale, ma fronteggiare efficacemente grandi problemi. Una severa lezione sempre attuale, da meditare attentamente.    


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