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venerdì 10 ottobre 2014

Crescita. Il valore aggiunto senza buone istituzioni non basta.




  Steven Kates insegna economia alla School of Economics, Finance and Marketing della RMIT University di Melbourne. Sul blog dello IEA ha sottolineato che solo la produzione idonea ad aggiungere valore è in grado di creare crescita economica. La spesa pubblica raramente crea valore. Perciò le politiche di stimolo fiscale/monetario sono destinate a fallire:

 " Say's Law was the bedrock principle of economic theory from the earliest years of the nineteenth century until swept away in a fit of distraction by the publication of Keynes's General Theory in 1936.
It is founded on recognising that only value adding production can create economic growth. The most central section of my book is the chapter on value added, a discussion found in no other text that I know of. Yet without understanding value added, understanding that every form of production not just creates more goods and services but also at the same time uses up existing goods and services during the production process, it is impossible to think about public spending and economic policy correctly.
Only if what is produced has greater value than the resources used up can an economy grow. Government spending seldom creates value. The stimulus was therefore doomed to fail, as are so many of the policies adopted today". 

 Però la creazione di valore aggiunto non determina crescita economica in assenza di istituzioni favorevoli. La recente battuta d' arresto dell' economia tedesca, pur caratterizzata dalla produzione ad alto valore aggiunto, si spiega non solo con ragioni congiunturali, ma anche con il peggioramento del quadro politico-istituzionale e della finanza pubblica. Giuliana Ferraino sul Corriere della Sera del 10 ottobre 2014 riporta le dichiarazioni di Michael Mertin, presidente e ceo di Jenoptik, il gruppo multinazionale di ottica ed elettronica:

 "«La frenata delle imprese tedesche è legata anche alle nuove leggi sociali varate dal governo di Berlino, come il salario minimo e il taglio dell’età pensionabile, scesa da 65 a 63 anni, mentre in un Paese che invecchia come il nostro si dovrebbe alzare a 70 anni. Tutto questo rende più cupe le prospettive economiche e spinge le aziende tedesche ad assumere meno», valuta Mertin. E cita un dato: «Il debito pubblico netto tedesco è l’80% del Pil, ma se si considera quello totale, includendo le pensioni, gli stipendi dei dipendenti pubblici e altre passività future del governo, ecco che sale al 285 % del Pil»".

 "Di sicuro i dati negativi hanno suonato un campanello d’allarme per Angela Merkel, che ha parlato di «congiuntura un po’ offuscata» e ha promesso «grande decisione» per aumentare gli investimenti privati con la sburocratizzazione, il settore digitale e l’ammodernamento delle infrastrutture energetiche. «La più alta priorità sono gli investimenti», le ha fatto eco da Washington il ministro Wolfgang Schäuble. Ma «senza nuovi debiti». Tedeschi inflessibili e ostinati? Mertin condivide: «Gli investimenti pubblici non servono. E la politica monetaria della Bce ha senso. In Germania le imprese possono finanziarsi con tassi inferiori al 2%, non lo fanno. In Europa c’è tantissima liquidità, ma senza vere riforme strutturali non ci sono le condizioni per investire». E una nuova fabbrica Mertin l’aprirebbe «negli Usa o in Cina»".

 "Non ci sono le condizioni per investire". Ma quali sono tali condizioni ? Certezza e semplicità del diritto, welfare sostenibile e quindi bassa pressione fiscale su produttori e risparmiatori, finanze pubbliche in equilibrio. Ciò deve essere ben chiaro all' opinione pubblica delle democrazie europee. Nella competizione economica globale nessuna illusoria scorciatoia ci salverà dal declino.

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