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sabato 25 aprile 2015

Aprile 1945. Liberazione dai nazisti, non dalla realtà.




Radio Vaticana ha chiesto alla professoressa Simona Colarizi di delineare il significato e l'eredità della Resistenza e della Liberazione. La brillante docente di storia contemporanea le ha rievocate come avvenimenti fondanti della libera democrazia italiana.
Su Il Foglio del 18 aprile 2015 Franco Debenedetti ha sottolineato che in Italia dal 2000 al 2013 la produttività del lavoro è "cresciuta dell`1,3 per cento, contro il 9,5 dell`Eurozona e il 26,1 in America; produttività totale dei fattori, che stima l`efficienza dei processi produttivi, diminuzione del 7 per cento, contro crescita nell`Eurozona dell`1,1 e del 10,5 per cento in America".
Le vicende dell'Italia repubblicana si spiegano mostrando i ritardi e i vizi della sua modernizzazione. E' evidente la crescente inefficienza economica, amministrativa ed istituzionale della democrazia italiana. Si tratta di una tendenza che si è manifestata rapidamente dopo la nascita della Repubblica e che ha subito una insostenibile accelerazione a partire dagli anni Novanta del secolo scorso.
Gli artefici della rinascita italiana dopo la Seconda guerra mondiale furono presto accantonati. Luigi Einaudi non fu rieletto alla presidenza della repubblica e Alcide De Gasperi fu costretto a uscire di scena già un anno prima della sua morte (1954). L'esplosione del debito pubblico, la corruzione dilagante, la soffocante pressione burocratica e fiscale, l'abbandono di intere regioni alla criminalità organizzata e la perdita di competitività delle nostre imprese segnano il declino della democrazia italiana.
La vitalità di una democrazia dipende largamente dalla sua efficienza, dalla sua capacità di risolvere problemi. La riflessione sui settanta anni dell'Italia repubblicana deve insistere su questo inscindibile legame.

sabato 18 aprile 2015

Grexit. Grecia fuori dall'euro.




Sul Corriere della Sera del 17 aprile 2015 Danilo Taino ha delineato la prospettiva sulla crisi greca che ormai prevale:

"Oggi di Grexit - cioè di uscita di Atene dall’euro - si discute invece apertamente a Berlino, in Europa e intensamente a Washington, al margine degli incontri primaverili dell’Fmi. E nessuno si terrorizza. 
È che fino a tre anni fa la Grecia era considerata tossica e contagiosa dal punto di vista finanziario. Oggi è considerata tossica e contagiosa dal punto di vista politico. Ma con una conseguenza opposta: allora, la convinzione era che la malattia si sarebbe diffusa se il Paese avesse abbandonato l’Unione monetaria, oggi si ritiene che si diffonderebbe se vi rimanesse nei termini in cui ci vuole restare il governo di sinistra radicale di Alexis Tsipras".

"...in molti governi europei - quello tedesco ma anche quelli olandese, spagnolo, portoghese, irlandese, slovacco - sta crescendo la convinzione che fare concessioni significative al governo di sinistra di Atene sarebbe tossico, nel senso che non solo darebbe forza a movimenti simili in altri Paesi ma anche stravolgerebbe e minerebbe le basi politico-economiche sulle quali sono stati costruiti cinque anni di interventi per affrontare la crisi dell’eurozona".

Il tema è rilevante in un ambito più ampio e fondamentale. Un decisivo fattore di buona crescita capace di creare occupazione adeguata per quantità e qualità è costituito dagli investimenti privati nella cosiddetta economia reale.
Tali investimenti si realizzano quando sono possibili e convenienti. Sono possibili e convenienti quando la liquidità non è inghiottita dalla facile speculazione e si muove in una ragionevole certezza del diritto e dei diritti.  Da questa prospettiva si colgono gli effetti perversi dei QE statunitense, giapponese ed europeo e vedono le conseguenze negative di una Grecia nell'euro "nei termini in cui ci vuole restare il governo di sinistra radicale di Alexis Tsipras".
Una Grecia libera di restare nell'Unione monetaria europea in tali termini rappresenterebbe un messaggio politicamente ed economicamente devastante. Politicamente perchè darebbe una formidabile spinta ai movimenti radicali europei. Economicamente perchè contribuirebbe a indebolire ulteriormente negli operatori in grado di investire la fiducia in una ragionevole certezza del diritto e dei diritti, che trae origine dalla loro puntuale osservanza, non da controproducenti e illusorie garanzie pubbliche.

domenica 12 aprile 2015

Italia. Lo sforzo di non riformare.

 


Perfino l'indulgente quotidiano della Confindustria usa la bacchetta. Su Il Sole 24 ORE del 12 aprile 2015 Fabrizio Forquet scrive:

"In Italia da troppo tempo si scrivono pessime leggi: incoerenti al loro interno e con la legislazione vigente - italiana ed europea - volutamente incomprensibili e piene di rinvii a successive norme attuative. Per non parlare delle finte “clausole di salvaguardia” che sono un modo truffaldino di  rinviare i nodi politici sulle coperture. Non c'è da sorprendersi, poi, se riforma dopo riforma il sistema Italia resta bloccato e inefficiente. Verrebbe da chiedere un time out: prima di fare le riforme riformate il modo di fare le riforme".

In realtà la prassi criticata appare perfettamente coerente con l'obiettivo di conservare l'esistente nella misura più ampia possibile, per non disturbare l'elettorato fortemente conservatore che ha espresso l'attuale maggioranza.
Con l'attivismo di facciata e una martellante propaganda si maschera l'intenzione di non mutare gli assetti fondamentali del paese. L'apparente movimento frenetico e il reale immobilismo richiedono uno sforzo continuo, lo sforzo di non riformare.
Questo gioco pericoloso a spese dei giovani, degli esclusi e dei non tutelati continuerà finché resteranno risparmi da esaurire e pazienze da mettere alla prova. Come è quasi sempre accaduto, sarà la grande storia a rivelare drammaticamente la pochezza dei ceti dirigenti italiani.

sabato 4 aprile 2015

Occupazione USA delude. Le cause profonde della crisi.




L'economia USA resta in difficoltà, nonostante la martellante propaganda che afferma il contrario. Così Vito Lops su Il Sole 24 ORE del 3 aprile 2015:

"Delude il dato sull'occupazione americana, e l’euro risale decisamente sul dollaro. Gli Stati Uniti, ha comunicato il Dipartimento del Lavoro, hanno creato in marzo solo 126 mila posti, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 5,5 per cento".

"Il dato è nettamente inferiore alle attese degli analisti, che scommettevano su 245 mila posti ed è il più basso incremento mensile dal dicembre del 2013. Il settore privato ha creato 129 mila posti, mentre quello pubblico ne ha tagliati 3 mila. Il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è sceso al 62,7% dal 62,8 per cento".

Dal Dipartimento del Lavoro USA (3 aprile 2015):

"Total nonfarm payroll employment increased by 126,000 in March, and the unemployment
rate was unchanged at 5.5 percent, the U.S. Bureau of Labor Statistics reported today.
Employment continued to trend up in professional and business services, health care,
and retail trade, while mining lost jobs".

"Employment in other major industries, including construction, manufacturing, wholesale
trade, transportation and warehousing, information, financial activities, and government,
showed little change over the month".

I dati rilasciati ieri confermano la tendenza in atto. La modesta crescita del PIL USA non genera un adeguato aumento della buona occupazione nel settore che inizia dove termina quello delle professioni creative e termina dove comincia quello del lavoro caratterizzato da professionalità e retribuzioni modeste.
Nuove tecnologie e globalizzazione hanno aggravato l'indebolimento strutturale dei fattori di crescita nei paesi che hanno raggiunti per primi sviluppo economico e benessere diffuso.
In Europa, Giappone e USA, sia pure con significative differenze, la riduzione degli stimoli all'impegno individuale, l'insufficiente diffusione delle conoscenze matematiche e tecnico-scientifiche, l'eccessiva pressione fiscale e il quadro giuridico-istituzionale non consentono di riprendere la via dello sviluppo.


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