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domenica 30 agosto 2015

Di chi è la colpa? Dalle responsabilità alle possibili soluzioni.




Uno dei più gravi e stringenti segnali del declino che colpisce la maggior parte delle democrazie occidentali è costituito dal dibattito pubblico fuorviante e inefficace. Ha colto nel segno il professor Luca Ricolfi che su Il Sole 24 Ore del 15 agosto ha denunciato lo spostamento delle responsabilità in atto:

"Non avendo il coraggio di dire di no ai nostri figli, ce la prendiamo con le cattive compagnie, gli spacciatori, i gestori delle discoteche, i controlli insufficienti, le forze dell'ordine. Non avendo né l'intenzione né la possibilità politico-militare di normalizzare il nord-Africa ce la prendiamo con l'egoismo dell'Europa e l'incapacità del governo italiano di accogliere tutti dignitosamente. Un mix di rassegnazione e di paternalismo indirizza la nostra indignazione verso i bersagli più alla nostra portata".

"Diamo per scontato che i popoli dell'Africa non sappiano auto-governarsi, come diamo per ineluttabile che i giovani siano attratti dalla movida e dallo sballo. Succede lo stesso nella scuola, dove non si consuma alcun dramma ma da decenni assistiamo alla medesima sceneggiata. Con tutta evidenza il problema di base è che gli studenti non studiano, e non lo fanno per la semplice ragione che alla maggior parte dei genitori interessa solo il pezzo di carta e la serenità dei figli. E tuttavia torme di quei medesimi genitori, assetati di vacanze e intrattenimento, non trovano di meglio che mettere alla sbarra gli insegnanti, evidentemente incapaci di motivare a sufficienza i loro figli".

"Una sorta di strabismo etico ci fa distogliere lo sguardo dai veri responsabili dei drammi piccoli e grandi del mondo, e indirizza il nostro bisogno di “individuare i colpevoli” solo sui colpevoli facilmente perseguibili o stigmatizzabili, anche quando sono semplici comparse".

Nel caso dei vertici della Chiesa cattolica gioca un importante ruolo una discutibile applicazione dell'etica della responsabilità che i cattolici lodevolmente adottano. Secondo questo principio,  tanto caro a Karl Popper, dobbiamo scegliere ponendo sempre attenzione alle prevedibili conseguenze delle nostre decisioni. Alcuni tra i principali pastori della Chiesa evidentemente ritengono che accusare duramente e direttamente i responsabili di eclatanti crimini di massa, mettendo in luce le loro reali motivazioni, produrrebbe un aumento delle violenze, delle distruzioni e delle persecuzioni.
 Si tratta in realtà di valutare se il tempestivo impiego di una forza militare soverchiante, soprattutto in presenza di convinzioni religiose chiaramente legate al successo militare, sarebbe potuto essere vantaggioso, proprio sotto il profilo umanitario, rispetto all'attuale approccio contraddittorio ed esitante.
Analoghe considerazioni possono risultare appropriate relativamente agli altri contesti  delineati. Del resto il severo richiamo alla responsabilità individuale non è estraneo alla Tradizione cattolica. Basti citare san Paolo, che richiamò i cristiani di Tessalonica con queste parole:

"chi non vuol lavorare neppure mangi" (Tessalonicesi 2 - 3,10).

Una corretta attribuzione delle responsabilità pare insomma la necessaria premessa di una fruttuosa ricerca di possibili soluzioni, pur nella consapevolezza che ciò che risulta vantaggioso per alcuni danneggia nel contempo altri. Bisogna scegliere.


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