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sabato 3 ottobre 2015

QE. Dopo il quantitative easing la crisi diventa più profonda.



Enrico Marro su Il Sole 24 Ore del 28 settembre 2015 offre una buona occasione per riflettere su come è stata affrontata la crisi economica globale:

Paul Marshall "Con una lettera al Financial Times... è entrato con la leggerezza di un bisonte nel dibattito sull’efficacia dei vari Qe mondiali, sempre più controversi perché fanno sentire i loro effetti molto sulla finanza (e sui portafogli dei più facoltosi) e molto meno sull’economia reale (e sui portamonete dei meno abbienti). Oltre a essere qualche volta completamente inutili, come mostra per esempio il caso del Giappone, che dopo aver stampato montagne di denaro si ritrova in deflazione e recessione".

"Oltre a arricchire i ricchi, la droga monetaria delle banche centrali ha poi creato dipendenza, come ha sottolineato tra gli altri Alberto Gallo di RBS in uno studio di qualche giorno fa intitolato “Il paradosso infinito del Qe”. Eh sì, perché lo schema - illustrato plasticamente anche in forma grafica da RBS - è il seguente: il Qe porta a tre effetti collaterali poco desiderabili, cioè una pessima distribuzione della ricchezza, una minor produttività e una serie di crescenti bolle finanziarie difficili da gestire. Quando i nodi vengono al pettine, come se ne esce? Con pesanti e impopolari riforme strutturali, oppure (l’avrete già capito) con un altro bel Qe nuovo di zecca, che dà un calcio alla lattina rimandando il problema. La droga monetaria continua così a fluire nelle vene dei soliti noti di cui sopra, allargando ulteriormente la “forbice” tra ricchi e poveri"".

"Lo strabismo tra i fuochi d’artificio della finanza di Wall Street (con l’indice S&P500 triplicato in sei anni) e il cerino in mano dell’economia reale di Main Street (che cresce a ritmi molto più blandi) è evidente".

Una politica economica, insomma, che ha ulteriormente arricchito ricchi non meritevoli, senza risolvere, anzi aggravando, i problemi dell'economia reale. Le "impopolari riforme strutturali" citate sono quelle dirette a far diventare sostenibile il welfare, ridefinire incisivamente le autonomie locali rendendole compatibili con la situazione delle finanze pubbliche e la competizione economica globale, ridurre largamente la spesa pubblica e la pressione fiscale, migliorare il capitale umano diffondendo le competenze matematiche, scientifiche e tecniche, colpire il capitalismo clientelare, incrementare la concorrenza in tutti i settori.
Il grande inganno è stato far credere che la politica monetaria in corso avrebbe mitigato le difficoltà dei più svantaggiati, giovani e disoccupati soprattutto, mentre invece i beneficiari sono speculatori, grandi debitori gravati di un basso merito del credito, operatori che devono la loro fortuna soltanto alle relazioni con il potere politico. Ora fronteggiare i problemi dell'economia reale è molto più difficile, perché troppa strada è stata percorsa nella direzione sbagliata. Una larga comprensione della situazione costituisce la necessaria premessa di un'azione finalmente efficace.


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